Rilancio Italia, il ruolo dei fondi pensione

Intervista ad Andrea Nanni, partner Prometeia e responsabile consulenza a fondi pensione e assicurativi di Prometeia Advisor Sim

Crede che i fondi pensione parteciperanno al rilancio dell’economia Italia, oppure no, e perché? 

La crescita inferiore rispetto ai principali paesi europei negli ultimi anni, la dinamica demografica penalizzante e la conseguente minore produttività, uniti al forte indebitamento pubblico, richiedono un’imponente fase di nuovi investimenti pubblici e privati e, in questo senso, i fondi pensione insieme a agli altri investitori istituzionali, certamente finanziano i progetti strategici più meritevoli e in grado di generare rendimenti a beneficio dei propri iscritti.  

In che modo crede che i fondi pensione parteciperanno, o potrebbero partecipare, al rilancio? 

Premesso quanto sopra, e chiarito che non vi debbano essere dubbi sulla mission dei fondi pensione, le risorse amministrate (ormai superiori a 120 miliardi di euro) unite alla nuova organizzazione di cui si stanno dotando in ottemperanza con la Direttiva IORP2, consentono di valutare iniziative e progetti più complessi che in passato e contraddistinti da ritorni competitivi rispetto a quelli dei titoli di stato, che rimangono comunque l’asset prevalente per i fondi pensione italiani.

Quali potrebbero essere, in termini di ritorno, asset remunerativi per i fondi durante la fase di rilancio? 

I tassi saranno bassi a lungo, in termini reali saranno negativi o nulli: i rendimenti attesi dei portafogli saranno quindi inferiori a quelli ottenuti negli ultimi anni. Partendo da questa doverosa revisione delle aspettative, sarà necessario intervenire ulteriormente sulle allocazioni aumentandone ancora la diversificazione e allocando il budget di rischio in modo efficace, quantificando ed assumendosi rischio di mercato, di credito, valutario e laddove possibile di liquidità. Questa approccio olistico alla valutazione dei rischi di portafoglio è normale per Prometeia Advisor Sim e riteniamo che sia un pre-requisito per approcciare strumenti di investimento più complessi.

Quale potrebbe, o secondo lei dovrebbe essere, il ruolo dei fondi negoziali per il rilancio? 

Il ruolo dei Fondi Pensione non muta in funzione del contesto: devono cercare di ottenere ritorni aggiustati per il rischio adeguati rispetto ai bisogni pensionistici degli aderenti. Piuttosto gli interventi dei policy makers europei, tramite le linee di credito dell’ESM (European Stability Mechanism), i prestiti della BEI e la proposta del Recovery Fund, generano nuovi stimoli e potenzialmente opportunità di mercato che potranno colte anche dai fondi pensione italiani.

Su questo fronte, recentemente Prometeia Advisor Sim ha firmato un protocollo d’intesa con il Fondo europeo per gli investimenti (FEI) volto a sviluppare e rafforzare la cooperazione nel settore degli investimenti in equity attraverso fondi di fondi istituzionali paneuropei. La partnership strategica consentirà di concertare approcci comuni per favorire l’accesso degli investitori istituzionali italiani, tra cui i fondi pensione, ai veicoli che il FEI promuoverà a livello europeo.

Per essere ancora più concreti, ed indirizzare parte del risparmio previdenziale verso determinati strumenti, ad esempio più vicini alla cd “economia reale”, sarebbe inoltre opportuno agire da un lato sulla leva fiscale, in modo chiaro e più semplice che in passato, creando quindi un incentivo per i fondi pensione, e dall’altro considerando le specificità operative dei fondi pensione che, in larga parte, delegano la gestione e quindi la scelta degli investimenti ad gestori professionali. I primi tentativi, in questa materia comunque non semplice, non sono stati efficaci. 

I fondi negoziali potrebbero virare verso il private debt, private equity o infrastrutture e perché? 

La prima e ritengo più importante domanda da porsi è se, sulla base di una accurata proiezione dei flussi di cassa, ovvero uno studio di Asset & Liability Management, i fondi pensione abbiano liquidity capacity per impegnare capitale in progetti lunghi, illiquidi ma sperabilmente più remunerativi. Prometeia Advisor Sim imposta sempre in questo modo la progettualità con i propri clienti e la risposta è generalmente affermativa: evidentemente la quantificazione e qualificazione degli asset illiquidi dipenderà dai risultati di questa analisi e dagli stress test associabili. Il mercato dei fondi pensione italiani è vicino alla maturità, pertanto la fase di prestazione è sempre più rilevante e con essa l’attenzione al profilo di liquidità dei portafogli, anche a fronte del crescente fenomeno delle anticipazioni. Per tali ragioni si ritiene che le infrastrutture, nonostante l’intrinseco valore soprattutto in questa fase, presuppongano una “pazienza del capitale” non alla portata di tutti i fondi pensione, se non in quota ridotta. In questa fase, nonostante il dry powder disponibile, riteniamo il private equity particolarmente attraente oltre che in sintonia con le necessità di capitalizzazione delle imprese italiane ed europee che devono crescere e competere su scala globale. Qui si può facilmente intravedere un potenziale circolo virtuoso tra crescita, occupazione, profitti e ritorni per gli investitori. Il private equity non è un asset class presente in molti portafogli, noi pensiamo che il primo modo per approcciare una nuova asset class sia farlo con la dovuta cautela e quindi tramite un’opportuna diversificazione che, nel caso di un investimento in private equity si traduce o nel fondo dei fondi o nella modalità del mandato di gestione sulla falsariga di Iride. Preferiamo senza dubbio FIA specializzati in small e mid-market, su cui vi sono enormi potenzialità in Europa e soprattutto nel mercato italiano, costituito di numerose eccellenze tra le piccole e medie imprese con importanti progetti di crescita ed internazionalizzazione. Date le dimensioni dei portafogli e delle risorse potenzialmente investibili dai Fondi Pensione la diversificazione, anche regionale in Europa, è comunque imprescindibile. La mission dei fondi pensione, ovvero la generazione di ritorni per gli aderenti è in questa fase compatibile con un significativo investimento in Italia, un mercato ancora piccolo ma come detto in crescita.

Prometeia Advisor Sim cerca inoltre costantemente di trovare il filo conduttore che possa coniugare i ritorni di lungo periodo con la sostenibilità degli investimenti; gli investitori previdenziali italiani infatti stanno recependo la spinta del regolatore europeo, e quella del mercato, avendone compreso l’importanza sia a livello “micro”, cioè per la gestione finanziaria (in termini di mappatura e monitoraggio dei rischi e delle opportunità) sia a livello “macro” per il ruolo che, in quanto investitori responsabili, possono svolgere nella realizzazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs), in particolare la lotta al cambiamento climatico, la transizione energetica, la conservazione della biodiversità e la riduzione delle disuguaglianze sociali.

La regolamentazione emanata dall’Unione Europea che include la Tassonomia, il Regolamento (UE) 2019/2088 sulla disclosure di sostenibilità e la Direttiva (UE) 2017/828 Shareholders’ Rights 2 (oltre alla già citata IORP2) ha infatti l’intento di promuovere l’adozione di politiche di sostenibilità negli investimenti, di incoraggiare l’azionariato attivo e di aumentare la trasparenza e l’efficacia della comunicazione relativamente ai prodotti cosiddetti “green” nei confronti della clientela finale. 

Suggeriamo quindi un approccio più consapevole e proattivo rispetto a questi aspetti anche quando si investe in private equity.

Quali sono, o potrebbero essere, gli ostacoli (legali o di qualsiasi altra natura) che secondo lei impediscono di virare in quella direzione? 

Verificata la liquidity capacity sopra descritta, non ci sono ostacoli di nessun tipo, anzi il nuovo DM 166/2014 piuttosto che l’ancora più recente recepimento della Direttiva IORP2, disciplinano le modalità di investimento (diretta o indiretta), sottolineando naturalmente la necessità di predisporre un adeguato sistema di monitoraggio dei rischi. Prometeia Advisor ha assistito una decina di fondi negoziali nella selezione diretta di FIA o nella selezione di GEFIA e nel successivo monitoraggio dei portafogli. Possiamo senza dubbio affermare che esistono modalità ormai consolidate, una best practice, sia per la selezione che per la successiva analisi dei rischi di questi portafogli.

Ci sono secondo lei progetto interessanti, tipo Iride o altri, che potrebbero contribuire al rilancio e perché? 

Il progetto Iride, che Prometeia Advisor ha accompagnato fin dal concept iniziale, ha definito un nuovo paradigma, ovvero la possibilità di più fondi pensione di consorziarsi, mettere a fattor comune know-how, processi, risorse e persone, sfruttare sinergie, accedere ai migliori operatori globali di private equity. 216 Mil.€ di risorse complessivamente impegnate, un piano di investimenti di 12 anni. Si può fare di più? Certamente, le risorse da investire ci sono, le strutture operative dei fondi pensione stanno crescendo: un nuovo progetto aggregante è replicabile, a patto di non perdere di vista gli obiettivi, ed affidarsi a società serie, indipendenti e con esperienza in questo tipo di progettualità. La governance rimane complessa, visto che tutte le decisioni devono comunque essere ratificate dai singoli consigli di amministrazione. Questo aspetto non deve essere sottovalutato, non è un caso che Iride sia stato l’unico progetto nato da un accordo tra fondi pensione. Si spera che un altro progetto di questo tipo parta a breve, magari con un numero di fondi pensione più ridotto: due o tre fondi pensione, con progetti specifici di private debt, private equity o mandati multi-asset per esempio. Ci stiamo lavorando con i nostri clienti.

Questa intervista è stata pubblicata in inglese sull’edizione di IPE, luglio-agosto 2020
FONTE https://www.prometeia.it/atlante/rilancio-italia-ruolo-fondi-pensione